Oggi viviamo il passato di lit-blog e riviste online. È il passato di un’illusione, laddove la fine non è venuta, né vi è un avvenire.
Letteratura sul web: quale illusione?
Fare letteratura sul web è stata una meravigliosa illusione durata oltre vent’anni.
Quello spazio e quel tempo nuovo che erano e sono internet, negli anni Novanta, hanno registrato la nascita delle prime riviste che rinunciavano al supporto dei supporti: la carta. Sembrava dovessero accadere cose belle, in generale, con internet per tutti. Questa bellezza nuova toccava anche la letteratura. Libri, articoli, storie, tutto poteva trovare un nuovo pubblico nella rete. E la rete, allora, era un luogo bellissimo.
Dov’era l’illusione? Nella visione di internet: l’alba e le infinite possibilità da esplorare grazie alle potenzialità del web.
Cosa e come può essere la letteratura sul web? Su questa domanda poggia la genesi di lit-blog e riviste online. Qualcosa di nuovo stava accadendo, ogni problema sembrava superabile.
A posteriori, ci si chiede: cosa è successo allora? Valeva la pena iniziare il fenomeno della letteratura sul web? Chi ci ha guadagnato? Chi ha perso?
Chi ricorda i pionieri dei tempi nuovi? Pochi. Sicché, il seme del velleitarismo fu gettato, invano. Pochi ricordano, pochi provano nostalgia, pochi si appassionano ai racconti dei pionieri della letteratura online.
L’alba dei tempi nuovi ci giunge confusa, e soprattutto inutile: tutto poteva iniziare in qualsiasi momento, anche ieri, perché tutto oggi è indiscriminatamente dimenticato. La dittatura dell’istante annulla la durata bergsoniana, l’illusione del fenomeno nasce senza avvenire, e dirlo oggi è facile. Ma va ugualmente detto.
Prove di maturità: la nuova illusione
Eppure ci fu tanto movimento. Negli anni Zero e nei primi anni Dieci, lit-blog e riviste online si moltiplicarono. Tanti luoghi, tante voci. C’è chi dice che è il processo ciò che conta. L’incontro e lo scontro di scrittori, critici, aspiranti a un qualsiasi posto nell’editoria, produceva qualcosa. La letteratura e ciò che è intorno alla letteratura era rumore di fondo. A tanti piaceva, questo rumore. Me incluso.
Un’illusione nuova contagiò tutti: la possibilità di compartecipare. Interagire con alcune delle migliori menti di quelle generazioni poteva essere stimolante, piacevole, utile e altro. Avere a disposizione gratuitamente e istantaneamente una molteplicità di testi di livello eterogeneo e cioè più o meno buoni poteva essere arricchente. La diffusione dei social media ha esasperato ulteriormente l’illusione della compartecipazione. L’apice del processo ha coinciso con l’approdo nella grande editoria, già dagli anni Novanta, di molti di quegli eroi che producevano anche online, gratuitamente, per tutti.
Tutti chi?
Il declino invisibile: il passato dell’illusione
Negli ultimi anni si è parlato del fenomeno. Articoli, libri, tesi, interviste: lit-blog e riviste online, cosa sono, quante ne sono, chi sono gli animatori, gli eroi della letteratura sul web?
La storia insegna che si comincia a parlare di un fenomeno quando il fenomeno è in declino.
Quanto seguito hanno avuto negli ultimi anni lit-blog e riviste online? Quanti di quelli che hanno compartecipato al fenomeno hanno trovato spazio nell’editoria che conta, e cioè quella che vende, e che paga? Due domande difficili. Io penso che negli ultimi anni hanno vinto in pochi.
Gli ultimi anni sono quelli della moltiplicazione della piccola editoria. Oggi, grazie a questa moltiplicazione, prima o poi pubblicano tutti. Qualcuno sosteneva che lit-blog e riviste online potessero essere palestra e trampolino di lancio. Se prima o poi pubblicano tutti, a che servono lit-blog e riviste online? Perché seguire un fenomeno che va ridimensionandosi fino al limite della sparizione?
L’illusione, che ormai è il passato, resiste.
Al di qua dell’utile c’è solo l’inutile
È utile, oggi, pubblicare testi online? No.
Si pubblicano ancora cose di qualità online? Sì.
Quale metro usare, quello utilitaristico o quello qualitativo?
Ahimè, utilitaristico.
Ho condiretto dal 2014 al 2019 un lit-blog che non ha ricercato l’utile, ma la qualità, la bellezza, la letteratura. Il suddetto lit-blog non aveva altro fine che sé stesso.
E gli altri lit-blog e riviste online? In gran parte, penso, hanno prodotto per raggiungere un obiettivo che è esso stesso un’altra illusione: pubblicare libri e/o lavorare nell’editoria. Come raggiungere tale obiettivo: strizzare l’occhio a chi lavora nell’editoria, fare recensioni spesso compiacenti, non avventurarsi in stroncature inutilmente rischiose, tararsi sul target dei lettori senza sfidare i lettori, ecc. Sentirsi parte, attraverso lit-blog e riviste online, del mondo dell’editoria.
Peccato che i più, volutamente, non abbiano capito che la meravigliosa illusione di lit-blog e riviste online era la possibilità di creare un’alternativa all’editoria, un luogo altro in cui produrre letteratura. Fare avanguardia, opporsi alla “cultura ufficiale”, polemizzare, dibattere, pensare, tante cose erano possibili, purché si fosse rinunciato all’utile.
Se l’utile, oggi, resta quello di entrare nel mondo dell’editoria attraverso lit-blog e riviste online, io penso che oggi lit-blog e riviste online siano inutili.
© Antonio Russo De Vivo 2019
Meme in copertina di Stefano Felici in arte Pink Lodge.
C’è molta verità in quello che scrivi in queste righe.
Per quanto riguarda le riviste di società/cultura, a mio avviso ce ne sono troppe e troppo simili, ma si scontrano con il solito problema dell’individualità dell’opera, dove ognuno è convinto di avere una chiave di lettura unica e interessante (e mi ci metto dentro anch’io, visto che ne ho fondata una, di queste riviste).
Per i lit-blog, invece, in altri Paesi, vedo affermarsi la tendenza in cui sono gli autori già pubblicati a creare questi spazi di condivisione, proprio per il bisogno di creare discussione intorno alle tematiche letterarie e sociali. Dopodiché è chiaro che scoprire l’inedito di talento è sempre un’esperienza positiva, ma non fine a sé stessa (vedi: entrare nel mondo dell’edizione cartacea).
Ciao Andrea. La chiave di lettura personale di cui dici, secondo me, ci può anche stare. La mia perplessità è sui fini: trovo che vivere questi luoghi come alternativi all’editoria possa essere molto produttivo e avviare processi creativi diversi e molteplici; al contrario, restare nella logica dell’editoria è limitante (non per forza improduttivo, però).