Mozart e Salieri (1830), piccolo dramma – poche dense pagine – di Aleksandr Puškin (1799-1837), ci offre un esempio di come può essere costruito un personaggio. Il presupposto, tutt’altro che ovvio, è che il personaggio debba essere complesso, problematico, non riducibile a una debole figura alla mercé della storia o dell’autore.
Mozart e Salieri è la rappresentazione in due scene del momento in cui Antonio Salieri (1750-1825) avvelena Wolfgang Mozart (1756-1791) a tavola. Alla base dell’opera c’è la leggendaria invidia di Salieri verso Mozart, l’incapacità del pur talentuoso compositore italiano a accettarne il genio.
Nella bella introduzione presente in Opere di Puškin, Eridano Bazzarelli cita l’articolo Il dono sacro («Novyj Mir», n. 11, 1971) di Daniil Granin in cui si dicono cose illuminanti sul personaggio Salieri, cose che possiamo considerare una risposta indiretta alla domanda che qui, in generale, da editor poniamo, e cioè Come creare un personaggio?
Se Salieri fosse un mediocre, soltanto un mediocre, dove sarebbe la tragedia? In tal caso tutto si risolverebbe nella storia di un omicidio qualsiasi. Il rozzo contrasto, il sistema sì-no, nero-bianco, in nessun modo possono creare, in arte, dei caratteri, e tanto meno dei caratteri tragici. Salieri è un mascalzone, un assassino, ma Salieri è anche vittima del suo amore per l’arte. L’invidia è intrecciata nella sua anima con un amore appassionato, furioso e frenetico.
[Puškin, Opere, a cura di Eridano Bazzarelli e Giovanna Spendel, Mondadori, I Meridiani, 1990, p. 622.]
Salieri, l’invidia
Puškin pare certo che proprio l’invidia sia la causa della morte del genio. Un genio, date le sue condizioni di eccezionalità e di superiorità, scatena emozioni contrastanti, anche negative. Salieri, che non è un genio, avrebbe patito e reagito alla prossimità e alterità del genio Mozart:
Alla prima rappresentazione del Don Giovanni, nel momento in cui tutto il teatro colmo di estasiati intenditori s’inebriava in silenzio all’armonia di Mozart, risuonò un fischio – tutti si voltarono indignati e il famoso Salieri uscì dalla sala furente, roso dall’invidia. Salieri è morto otto anni fa. Alcune riviste tedesche hanno ventilato che, sul letto di morte, avrebbe confessato un terribile crimine: l’avvelenamento del grande Mozart.
L’invidioso che avrebbe potuto fischiare il Don Giovanni avrebbe potuto anche avvelenare il suo creatore.
[Puškin, Su Salieri (1832), trad. it. di Giovanna Spendel, in Opere, cit., p. 1197.]
Il personaggio tondo
Salieri, seguendo la classificazione di Edward Forster (1879-1970), è un “personaggio tondo” (in opposizione al “personaggio piatto”, bidimensionale, privo di profondità):
Nella loro forma più pura [i personaggi piatti] sono costruiti intorno a un’unica idea, o qualità; mentre se è presente in essi più di un fattore, allora ha inizio quella curvatura che porta al personaggio tondo.
[Forster, Aspetti del romanzo (1927), Garzanti, 2011, p. 76]
In una narrazione di qualsiasi genere, il personaggio tragico o tondo è capace di esercitare maggiore curiosità, fascino, capacità di attrazione. Ciò non esclude che anche un personaggio piatto possa rivelarsi funzionale e piacere.
Uno scrittore, quando si appresta a creare un personaggio, anche un personaggio secondario o una comparsa, sa che tutto deve rispondere a un criterio di necessità, che nulla va lasciato alla superficialità e al caso.
La scrittura, si sa, è più tecnica che ispirazione/possessione.
Antonio Russo De Vivo © 2020
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