Un dibattito sempre in voga è quello concernente l’opposizione tra narrativa “alta” e narrativa “bassa”, tra scrittura di serie A e di serie B. In questi tempi ostili verso qualsiasi cosa voglia definirsi “letteratura” e verso chiunque abbia la pretesa e la protervia di fare “letteratura”, ci piace ricordare tempi in cui accadeva l’opposto.
Riportiamo qui un dibattito tra due scrittori – H.G. Wells (1866-1946) e Henry James (1843-1916) – che partivano da “fronti” differenti eppure, non a caso, sono entrambi presenti nel pantheon dei classici della letteratura.
Il coniglio di Henry James
Egli trascura tutto ciò che richiede una discussione a parte, o una digressione. Ad esempio, egli omette le opinioni: in tutti i suoi romanzi, cercherete invano persone con ben definite opinioni politiche, o persone con convinzioni religiose, o che dimostrino un chiaro partito preso, o una passione, o delle estrosità, e che siano intente a raggiungere qualcosa di specifico e impersonale. Non vi sono poveri dominati dall’imperativo del sabato sera o del lunedì mattina, non vi sono tipi di sognatori — e non viviamo, tutti noi, più o meno, di sogni? E nessuno che sia mai decentemente smemorato. Prima di cominciare la sua storia, egli cancella tutta questa parte dell’esperienza umana. È come pulire il coniglio prima di mandarlo in tavola per cena.
[H.G. Wells, Boon (1915), in Robert E. Scholes, Eric S. Rabkin, Fantascienza. Storia – Scienza – Visione (1977), trad. it. di Giovanna Orzalesi Liborio, Pratiche, 1979, pp. 30-31.]
Tra H.G. Wells – a tutti noto per classici della fantascienza come La macchina del tempo, L’isola del dottor Moreau e altri – ed Henry James – a tutti noto per classici della letteratura come Ritratto di signora, Il giro di vite e altri – vi fu una disputa in cui venivano contrapposte quelle che oggi definiremmo narrativa “alta” e narrativa “bassa”.
Wells era per una scrittura attenta alla “Vita” e – ciò non stupisca per un contesto culturale in cui la fantascienza come genere non ancora era stata codificata – difendeva la propria posizione in quanto scrittore “realista” (scrisse opere realiste e di critica sociale, oggi per lo più obliate rispetto a quelle che considerava di minor importanza e che definiva scientific romance, le opere per le quali, appunto, ha raggiunto l’immortalità letteraria). Al contrario James era un paladino dell’“Arte” e biasimava Wells per la sua scarsa attenzione allo stile, pur riconoscendone e ammirandone il talento.
Oggi
Oggi tutto questo, per fortuna, non ha ragione di essere.
Non sussiste quel multiforme calderone che reca il nome di paraletteratura, nato per esigenze di classificazione e che circoscrive – meglio, circoscriveva – tutto ciò che è inferiore alla letteratura e che è destinato al consumo di massa (e quindi fantascienza, gialli, rosa, ecc.).
I rigidi confini tra i generi da tempo sono stati violati e, per attenerci a questo caso, l’opera di Wells non ha dignità inferiore a quella di James.
Certo il dibattito persiste, ancora si battono i paladini della narrativa “alta” e ancora si ribellano i paladini della narrativa “bassa”, ma al contempo esso è ormai ozioso: che si scriva un giallo o un fantasy o un bildungsroman a far la differenza è la qualità, e la qualità prescinde dai generi.
Sono gli scrittori, oggi, a “maltrattare” i generi.
Antonio Russo De Vivo © 2020