I libri italiani contemporanei più belli (per me) dal 2000

Questi sono i libri italiani contemporanei più belli (per me). È una lista di romanzi e raccolte di racconti usciti dal 2000, anno di inizio dalla valenza simbolica: è un canone personale del millennio/secolo in corso.

La lista risente della mia visione della letteratura ma anche delle mie lacune. Sono consapevole che ci sono libri da leggere e aggiungere, sicché la lista è anche in divenire: la terrò costantemente aggiornata sia per recuperare libri passati sia per aggiungere libri futuri.

* l’immagine di copertina è Pioveva da giorni di Valeria Puzzovio, che ringrazio. Matite, pastelli e acquerelli su carta, 17×24 cm.

1. Giordano Tedoldi, I segnalati, Fazi, 2013.
“Prima che il caos regnasse tra Fulvia e me fu molto bello. Mi illudevo che lei e io incarnassimo la congiunzione di destini, quella formula della felicità di cui avevo letto in una raccolta di saggi di psicoanalisi in un capitolo che sviscerava la nozione fumosa e inafferrabile di amore tra un uomo e una donna.”
incipit.

2. Giuseppe Genna, Assalto a un tempo devastato e vile. Versione 3.0, minimum fax, 2010.
“L’Epoca del Trauma che si è da qualche anno inaugurata è un’occasione per osservare l’umano finalmente nudo. Si danno sempre simili occasioni. Quella che attende tutti noi e chi verrà successivamente è stata molto a lungo sognata.”
p. 238.

3. Veronica Tomassini, Sangue di cane, Laurana, 2010.
“Marcin era morto. Io avevo i pidocchi. Cioè successe nello stesso momento, Marcin cagava sangue, stava morendo, beveva e cagava sangue. Io invece avevo prurito ovunque, dietro la nuca soprattutto.”
incipit.


4. Franco Stelzer, Ano di volpi argentate, Einaudi, 2000. racconti
“La strada è piena di tesori. Ci sono vittime deformi, disegni misteriosi, apparizioni, immagini brutali e quiete.”
Fissano ostinate il cielo, p. 13.

5. Davide Morganti, La consonante K, Neri Pozza, 2017.
“Sulle pareti aveva trovato innumerevoli messaggi: contro il comunismo, Honecker, il muro, una moglie infedele, i figl insopportabili, il datore di lavoro, o brani molto lunghi di testi di autori proibiti nella Germania Est. Per non passare guai, era costretto a cancellare quelle scritte, che gli venivano segnalate dai più solerti. La più incredibile somigliava a una vera e propria confessione: «La masturbazione mi aiuta a diventare forte, mi abitua a cavarmela da solo, poter fare a meno degli altri non è più un problema, il sesso crea dipendenza, espone, rende insicuri. I dittatori sono dei grandi masturbatori, perché capaci di gpvernare i popoli. La masturbazione è l’unica salvezza contro la massificazione».”
p. 17.

6. Viola Di Grado, Settanta acrilico trenta lana, e/o, 2011.
“Smisi di parlare neanche fosse un problema di sigarette. Imparai a bloccare le parole come si fa con gli altri sconvenienti rumori del corpo.”
p. 32.

7. Francesco Maino, Cartongesso, Einaudi, 2014.
“Il mio lavoro, il mio primo lavoro, quello ufficiale, qui a Insaponata, un lavoro non retribuito, quello per il quale mi trovo impiegato ventiquattro (24) ore su ventiquattro (24), ogni giorno, senza soste, quello che svolgo da sempre, vale a dire dal momento in cui ho raggiunto la cosiddetta capacità naturale, più o meno dai (16) anni in avanti, è quello che mi vede pedissequamente impegnato nell’impedire alle salme mobili che occupano la mia vita biologica di annientarmi definitivamente colla loro biologica visione delle cose; questa visione delle cose, ovviamente una visione biologicamente pragmatica e piatta, ovviamente una visione elementare e vuota, tipica delle persone premorte che occupano militarmente la mia vita attraverso corpi ricoperti da divise, questa visione fonda e assicura la sua esistenza su due (2) regole tanto rozze quanto incredibilmente efficaci: la regola che chiamerò, per comodità, la regola A) statuisce: uno (1) più uno (1) fa sempre due (2); mentre la regola che chiamerò regola B) recita: uno (1) più uno (1) non fa quasi mai due (2). Potrebbe fare uno-emmezzo (1,5) forse due-e-trequarti (2,75). Ma soprattutto nell’ipotesi in cui uno (1) più uno (1) dovesse fare precisamente due (2) qui e ora, ebbene, tale accadimento sarebbe per così dire marchiato per sempre da un’invincibile incertezza, un evento premonitore in senso catastrofico, come quando prima dei terremoti si vedono, in certe inquadrature di telefilm a tema sub-drammatico, piccoli uccelli agitarsi con nervosismo e le pupille nere che vibrano dentro le orbite, come gocce di cottura sul piano rovente della nuova cucina componibile. Credo che questa mia inettitudine a governare il destino, ammesso che il destino intenda farsi convogliare da poteri umani, dipenda da una mia forma di radicale pigrizia, che so essere una specifica deviazione della mia malattia ovvero una sua evoluzione.”
incipit.

8. Tommaso Pincio, Panorama, NN, 2015.
“In quel piacere spasmodico di osservare le vite degli altri non si realizzava forse la sua idea di letteratura, origliare e sbirciare? E quelle lotte di insulti, quello spietato denigrare, quella sete di annientare l’altro, quelle crudeltà dal sapore quasi primitivo, non erano forse una forma di epica, una nuova guerra di Troia?”
p. 153.

9. Carlo D’Amicis, Quando eravamo prede, minimum fax, 2014.
“esistevano momenti nei quali guardarsi diventava difficile, perché la bellezza degli animali (anche quando gli animali siamo noi) è di fatto insostenibile. Non era nient’altro che la loro intollerabile perfezione, in fondo, che ci spingeva a ucciderli.”
p. 11.

10. Laura Pugno, Sirene, Marsilio, 2017. (prima edizione: Einaudi, 2007.)
“La marea portava a riva i corpi delle sirene ancora vive. Era come se cercassero la morte. Forse vedevano il futuro, e quello che gli uomini avrebbero fatto loro, dicevano i mistici. Forse avevano deciso di far estinguere la specie, ora che gli uomini ne erano a conoscenza. O forse, dicevano gli scienziati, da qualche parte, nelle profondità dell’oceano, si era verificato un sovrappopolamento, e quella era la risposta.”
p. 20.

11. Paolo Sortino, Elisabeth, Einaudi, 2011.
“Convivevano in Elisabeth lo sconforto per non aver mai compreso il padre e il sentimento straordinariamente potente di essere voluta per quella che era. Cambiava la consolazione bianca con la nera in maniera così repentina che mentre una lacrima si preparava a solcare la guancia, sulle labbra aveva ancora un sorriso.”
p. 53.

12. Giulia Sara Miori, La ragazza unicorno, Marsilio, 2024.
“Dopo l’orgasmo, gli era concesso di fermarsi per una mezz’ora. Carmen sapeva che lui aveva bisogno di un po’ di tempo per riaversi e tornare a essere quello di prima, e allora, in punta di piedi, usciva dalla camera e socchiudeva la porta. Quando il tempo era scaduto rientrava, vestita e profumata di tutto punto, e gli faceva un cenno con la testa, come a dire: alzati. Lui si rivestiva, salutava e se ne andava. Perché le donne non sono tutte come lei?, si chiedeva quando, dopo aver richiuso la porta, si confondeva tra i passanti che rincasavano dal lavoro. Ma a quella domanda non riusciva a trovare una risposta soddisfacente.”
pp. 46-47.

13. Yasmin Incretolli, Mescolo tutto, Tunué, 2016.
“Con una maglietta tampono la zona violata. Dolente, sensibilmente, al punto che le cosce tremolanti di riflesso consertano; le avverto sorbire quel versamento inquinale, ch’è sangue senza filtri, senza amore. Lo stupro è… Cos’è? Sono tosta io. Dimentico già tutto.”
p. 70.

14. Andrea Zandomeneghi, Il giorno della nutria, tunué, 2019.
“E comunque, quando la sciagurata vicenda principiò, quel martedì mattina di fine aprile, io non ero granché lucido, anzi sarebbe più corretto dire che versavo in un curioso stato di rincoglionimento stordito e dolorante. Correnti poderose di agonia cefalgica e umorale da postsbronza. Anche per questo, soprattutto per questo, credo, fui così turbato dal rinvenimento del cadavere di nutria scorticato che andava oscenamente scongelandosi […].”
incipit.

15. Giuseppe Zucco, Il cuore è un cane senza nome, minimum fax, 2017.
“Perché forse, pensò il cane, era perfino questo l’amore. Una regressione. Una regressione rispetto a certe consuetudini, certi vincoli, certe attese, certi codici.”
p. 55.

16. Fuani Marino, Vecchiaccia, Einaudi, 2023.
“Un tempo si diceva «arrivare a ottant’anni». Era un traguardo massimo, un limite d’età di cui ritenersi soddisfatti. Ma i vecchi di oggi non sembrano avere alcuna intenzione di accontentarsi: a ottant’anni si è ancora nel pieno dell’attività sociale e, qualche volta, anche lavorativa. In una sorta di frenesia, di coazione a ripetere, continuano a sentirsi al centro, e di fatto lo sono.”
p. 18.

17. Maddalena Fingerle, Lingua madre, Italo Svevo, 2021.
“È da quando sono nato che mia madre piange.”
incipit.

18. Veronica Galletta, Nina sull’argine, minimum fax, 2021.
“Conoscere il territorio, esplorarlo palmo a palmo, osservarne i cambiamenti, che privilegio, in un mondo che non si muove più, non investiga, non osserva la terra su cui vive.”
p. 168.

19. Ezio Sinigaglia, Eclissi, Nutrimenti, 2016.
“Forse, più che non l’arte politica dell’eludere e rimuovere, aveva imparato quella chirurgica dell’isolare e circoscrivere. Accoglieva la trafittura del ricordo, con pazienza, con gratitudine perfino, ma non permetteva alla memoria di espandersi, di diramarsi per contagio. E ora, invece, la memoria dilagava.”
p. 45.

20. Alessio Mosca, Chiromantica medica, nottetempo, 2022. racconti.
“Lo sa, Ortese, che i referti sono freddi e distaccati per nascondere la disperazione degli uomini di legge?”
I commissari e i loro boschi, p. 125.

21. Mariana Branca, Non nella Enne non nella A non nella Esse, Wojtek, 2022.
“Si ammutoliva, quando era scosso dalla portanza del suono, si guardava intorno, mi guardava, si guardava le ginocchia, le punte dei piedi. Capiva che la misura di spazio intorno a sé era la misura di Suono dello Spazio intorno a sé; che lo spazio cambia il suono, lo determina, ne è il senso, l’essenza.
Intenso, diceva, mi piace quando il suono è intenso, denso, pieno pieno, saturo, e mi piace fare come fa un architetto, che guarda, misura le distanze coi palmi delle mani, però poi devono decidere i muri, le sezioni dei muri: le scale per scendere e salire, i palcoscenici più in alto o più in basso, le gradinate degli anfiteatri, i soffitti bassi rialzati fono-rinforzati; mi piace leggere, leggerlo soltanto, lo spazio, interpretarlo, farlo parlare.”
p. 113.

22. Orazio Labbate, Lo Scuru, tunué, 2014.
“Io sono un pescatore e pensu solo a morti, Rosa. Sulu ai morti.”
p. 58.

23. Alfredo Palomba, Quando le belve arriveranno, Wojtek, 2022.
“Credo che Ahmed abbia già imparato cosa sia l’odio, il desiderio di annullare qualcuno, di vederlo morire. Immagino funzioni così per molti ragazzini di cui talvolta si sente parlare ai notiziari, che una mattina qualsiasi entrano a scuola armati e ammazzano chiunque gli capiti a tiro. Devono aver passato molto tempo a odiare gli altri dalla propria posizione di emarginati osservatori esterni, a coltivare la voglia di falciare quei corpi che non hanno ammesso i loro corpi, respingendoli, deridendoli. Non voglio avvicinarmi ad Ahmed. Non voglio aiutarlo, non posso. Percepisco la voragine del suo dolore, non voglio che mi si attacchi addosso e mi inghiotta.”
p. 84.

24. Giorgio Falco, L’ubicazione del bene, Einaudi, 2009. racconti.
“La donna sogna qualsiasi cosa possa salvarla al più presto.”
Alba, p. 108.

25. Mauro Covacich, La sposa, Bompiani, 2014. racconti.
“Valter ha coltivato l’amore per Damiana con la stessa dedizione con cui ha allevato i cuccioli. La sua vita si è sdoppiata: metà in possesso della famiglia, metà pretesa dall’amante.
In casa i lupi restavano devoti al capo.”
La casa dei lupi, p. 129.

26. Giulia Sara Miori, Neroconfetto, Racconti, 2021.
“Prima che Clara potesse intervenire, i due stavano già urlando davanti agli sguardi degli altri avventori, mentre la cameriera li invitava a calmarsi. Clara ne aveva abbastanza: ha preso la borsa e le sigarette ed è uscita dal locale. Fuori, un piccolo capannello di gente la stava fissando.
«È per te che litigano?» le ha domandato un uomo.
«Sì, è per colpa sua» ha detto una donna.”
La giacca, p. 22.

27. Tommaso Pincio, Un amore dell’altro mondo, Einaudi, 2002.
“La gente pensa che il guscio serva a proteggerle, ma non è mica vero. Quel guscio non le protegge affatto. Ha mai provato a picchiare una tartaruga sul guscio?”
p. 109.

28. Elena Giorgiana Mirabelli, Configurazione Tundra, tunué, 2020.
“Mia madre mi ha parlato diverse volte dell’oblio. Del meccanismo che ha la nostra biologia di permettere una vita efficace. Un giorno mi ha detto che doveva solo capire come calibrarne il meccanismo. Voleva trovare il modo di attivarlo quasi come uno strumento con gradi di efficacia verificabili. L’oblio sarebbe stato usato consapevolmente per rendere le direzioni più pulite e precise. Per mantenere quella rotta verso nord. Diceva di considerare la memoria assimilabile a quegli urti, e di riconoscere l’attivazione dell’oblio come il sistema più adatto per ristabilire la rotta. Ma non sempre quell’attivazione è immediata e spontanea.”
p. 79.

29. Antonio Franchini, Cronaca della fine, Marsilio, 2003.
“Ho l’impressione che i più degni tra coloro che si occupano della gestione del talento artistico – che si tratti di amministrare scrittori, pittori, attori o musicisti – prima o poi vengano presi da una sorta di insofferenza per le forme più ovvie, più convenzionali, più ‘professionali’ della bravura, dietro le quali si possono sospettare, appunto, soltanto il mestiere e non più la necessità né una qualche imprevedibile – e per questo tanto più plausibile – manifestazione della verità. Essi, allora, è come se cominciassero a guardarsi attorno con l’aria di chi invoca disperatamente qualcosa di nuovo.”
pp. 87-88.

30. Nicola Lagioia, Riportando tutto a casa, Einaudi, 2009.
“Ritornavamo in città e, dopo avere parcheggiato, ce ne stavamo seduti nei giardinetti di piazza Umberto a contare i tossici che ci passavano davanti.”
p. 188.

31. Andrea Tarabbia, La calligrafia come arte della guerra, Transeuropa, 2010.
“La calligrafia è un’arte di pieni e di vuoti, e le parti bianche (se il piano di lavoro è bianco) hanno per noi la stessa importanza dei tratti. È grazie al perfetto bilanciamento del bianco e del nero, del bene e del male, che la nostra scrittura e il nostro pensiero prendono una forma armoniosa ed elegante.”
p. 78.

32. Alfredo Zucchi, La memoria dell’uguale, Polidoro, 2020. racconti.
“La sorpresa non è la paura, per quanto condivida con questa una certa vertigine – fu un attimo e V. si trovò a esperire prima l’una e poi l’altra.”
Il dono, incipit.

33. Luciano Funetta, Dalle rovine, tunué, 2015.
“Quando Rivera se ne andò, nessuno lo vide a parte noi. Lo guardammo mentre si allontanava e scompariva tra gli alberi, lo osservammo inoltrarsi nella prigione di rami, dentro la vegetazione dove ad aspettarlo erano in due, in tre o in venti, anche se in realtà lo aspettava una persona sola.”
incipit.

34. Paolo Piccirillo, Zoo col semaforo, Nutrimenti, 2010. racconti legati.
“Il pit bull tiene gli occhi chiusi, ma non dorme. Non dorme mai, la domenica a quell’ora.”
incipit.

35. Francesca Mattei, Il giorno in cui diedi fuoco alla mia casa, Pidgin, 2021. racconti.
“Esco di casa in ritardo senza fare colazione.”
Muta, incipit.

36. Beniamino Tartarini, Porci di fronte ai maiali. Storie per uomini che parlano poco, Clinamen, 2010. racconti.
“Alle dieci e mezza di una domenica d’autunno, con quell’aria grama che tira dalle mie parti, mi svegliai per andare alla sagra del tortello e del cinghiale di Scarperia, che tutti gli anni – se va bene anche due volte l’anno – si tiene presso il circolo MCL del paese; con me, tutto scapigliato, c’era pure Maddaleno, che siccome parla poco è di buona compagnia.”
Gite, ma anche storie vere e uomini nudi, incipit.

Antonio Russo De Vivo © 2024

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