Ryu Murakami, Tokyo Decadence

Ryu Murakami non è Haruki Murakami (1949). Va specificato: nei giorni di lettura di Tokyo Decadence, l’autore del romanzo mi è stato più volte confuso con il noto autore di bestseller mondiali; che mai ho letto, tra l’altro. Entrambi giapponesi, coetanei, l’omonimia è solo omonimia. Le loro opere sono diverse. Non hanno niente, in comune. Ma non abbiamo le certezze di Davide Brullo, non vogliamo dire che il meno noto sia migliore del più noto.

Chi è Ryu Murakami

Murakami Ryūnosuke è nato a Sasebo, a Nagasaki, il 19 febbraio 1952.

Durante il liceo è batterista di una rock band ed è stato agli arresti domiciliari per aver barricato il tetto della scuola insieme ad alcuni compagni. Si è avvicinato alla cultura hippie.

Diplomato nel 1970, ha prima studiato serigrafia presso la scuola d’arte Gendaishichosha a Tokyo, poi è entrato nel programma di scultura dell’università d’arte di Musashino.

Negli anni Settanta ha sposato una tastierista dalla quale ha avuto un figlio.

Dagli anni Novanta ha lavorato nel campo della musica. Ha fondato e dirige una rivista online: JMM (Japan Mail Media). Ha favorito la diffusione di musica cubana in Giappone e ha fondato un’etichetta musicale.

Le tre opere tradotte in Italia

Ryu Murakami esordisce nel 1976 con il romanzo Blu quasi trasparente, una delle sue tre opere tradotte in Italia, da Rizzoli nel 1993. Tratta di sesso e droghe tra i giovani. Gli vale il prestigioso Premio Akutagawa e diventa un bestseller.

Questi temi – il sesso soprattutto – ricorrono nella sua opera.

Tokyo Decadence, del 1988, è stato pubblicato da Mondadori nel 1994.

Sempre Mondadori, nel 2006, pubblica Tokyo soup, del 1997. Il romanzo è incentrato sull’incontro tra Frank, turista americano in cerca di avventure sessuali e di stabilità mentale, e Kenji, una guida turistica senza licenza che accompagna i turisti stranieri nei quartieri del sesso di Tokyo.

Tokyo Decadence, l’incipit

Quando mi è passato accanto sono quasi caduta a terra, mi sentivo come se uno dei miei organi interni fosse sul punto di esplodere. Ero tornata a essere preda del pensiero di quell’uomo, che ammiravo fin da quando ero alle medie, mentre passeggiavo nella zona di Aoyama facendo shopping per distrarmi un po’: ero giù dopo aver fatto sesso con un cliente schifoso e non volevo tornare subito in ufficio.

[Topazio.]

Il libro

Tokyo Decadence non è un romanzo. È una raccolta di racconti legati: testimonianze in prima persona di prostitute di Tokyo. Contesto e tipologia di personaggi tengono insieme l’opera rendendola omogenea nelle intenzioni e negli esiti. Il lettore vede una città, Tokyo, durante gli anni Ottanta, viene immerso in un sottosuolo comune in cui il sesso, sempre morboso e perverso, è la manifestazione principale di certa società giapponese agiata.

Il primo messaggio del libro è che con i soldi, lì e in quel momento, si può fare tutto, e questo tutto trova una inquietante rappresentazione nell’uso continuo della violenza, nella forma di perversioni, sulle donne che vendono il proprio corpo.

Il secondo messaggio è la visione dell’autore: alla disperazione non c’è rimedio; molte prostitute cercano qualcosa, sperano in qualcosa, non trovano niente. Le prostitute, ridotte dai clienti a corpi-oggetti, possono solo trovare rifugi mentali per sopravvivere allo stato di annichilimento che vivono: i ricordi d’infanzia, spesso, sono la blanda via di fuga.

La lettura ha momenti di stanchezza: c’è un senso di ripetizione dovuto ai temi, alla tipologia dei personaggi.

Una incursione nel fantastico

C’è un punto, però, in cui una grande idea spezza la monotonia. È nel secondo racconto: Parco. Un cliente espone una sua singolare peculiarità: il dente cariato, staccatasi l’otturazione, diventa fonte di esperienze meravigliose: quando il cliente, con la lingua, tocca il buco del dente, ha delle visioni.

«Quando tocco il buco con la lingua mi appare lentamente una visione, che varia a seconda di ciò che è entrato.»

«Vede anche delle donne?»

«Le vedo quando ci entrano pezzetti di uova di pesce. Be’, sono donne diverse a seconda che si tratti di uova di caviale o di salmone. È strano, a volte mi capita addirittura di venire.»

[p. 23.]

Questa incursione del fantastico, in un’opera postmoderna più nello stile e nella struttura che nei contenuti, nella sua imprevedibilità e unicità produce un impatto che definirei di memorabilità. È quanto più ricordo, quanto mi resterà della lettura.

Ryu Murakami

Tokyo Decadence (1988)

Traduzione di Yuko Otake e Marco Fiocca

Mondadori, 2004

pp. 167

© Antonio Russo De Vivo 2019

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